Diabete e sindrome metabolica
- Gruppo Sadel
- 24 lug
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Il diabete mellito e la sindrome metabolica sono due condizioni strettamente interconnesse che rappresentano oggi una grande sfida di sanità pubblica. Il diabete, in particolare il tipo 2, è una malattia cronica caratterizzata da elevati livelli di glucosio nel sangue (iperglicemia) dovuti a un difetto di produzione o di azione dell’insulina. La sindrome metabolica è invece un insieme di fattori di rischio (obesità addominale, ipertensione, alterazione della glicemia e dei grassi nel sangue) che, presentandosi contemporaneamente, aumentano notevolmente la probabilità di sviluppare diabete di tipo 2 e malattie cardiovascolari. Entrambi i problemi sono in forte crescita a livello mondiale a causa dei cambiamenti nello stile di vita: diete ipercaloriche, vita sedentaria e invecchiamento della popolazione. Affrontarli significa prevenire una serie di complicanze severe che vanno dall’infarto, all’ictus, alle malattie renali e oculari.
Contesto e diffusione: Il diabete è in costante aumento. In Italia si stima che oltre 4 milioni di persone abbiano ricevuto una diagnosi di diabete (circa il 6-7% della popolazione)iss.it, in gran parte si tratta di diabete tipo 2 (quello tipicamente dell’età adulta legato all’obesità e alla familiarità). Inoltre, probabilmente c’è un altro milione di persone che hanno il diabete senza saperlo (casi non diagnosticati). La prevalenza è cresciuta: nel 2000 era intorno al 4%, oggi supera il 6%. Colpisce maggiormente gli anziani – circa 1 persona su 6 oltre i 65 anni convive con il diabete – e tende a essere più frequente nelle regioni del Sud Italia e nelle classi socioeconomiche più svantaggiate. Oltre al diabete dichiarato, c’è una larga fascia di prediabete nella popolazione (alterata glicemia a digiuno o ridotta tolleranza ai carboidrati) che rappresenta una condizione di rischio imminente di evoluzione a diabete vero e proprio. Per quanto riguarda la sindrome metabolica, la sua prevalenza è elevata e sale con l’età: globalmente colpisce circa il 31% della popolazione adulta, e si stima che in Italia riguardi circa 1 adulto su 5 (20%) nella popolazione generale, arrivando al 40% tra i 60-69enni. In altre parole quasi la metà delle persone di mezza età ha almeno 3 dei fattori alterati che definiscono la sindrome. Questi numeri delineano una vera epidemia metabolica. Non a caso, il diabete di tipo 2 è spesso associato a sovrappeso e inattività fisica: in Italia il 35% degli adulti è sovrappeso e il 10% obeso, terreno fertile per lo sviluppo di insulino-resistenza e sindrome metabolica.
Che cos’è la sindrome metabolica: Si parla di sindrome metabolica quando in uno stesso individuo sono presenti almeno 3 tra le seguenti condizioni: obesità addominale (circonferenza vita elevata, indicativa di accumulo di grasso viscerale pericoloso), ipertensione arteriosa (pressione a riposo ≥130/85 mmHg o in terapia antipertensiva), glicemia alta a digiuno (≥100 mg/dL o diagnosi di diabete), ipertrigliceridemia (trigliceridi nel sangue ≥150 mg/dL) e colesterolo HDL basso (<40 mg/dL nell’uomo, <50 mg/dL nella donna). Questa combinazione è particolarmente dannosa perché i vari fattori si aggravano a vicenda. Ad esempio, il grasso viscerale in eccesso libera sostanze infiammatorie e ormoni che inducono insulino-resistenza (quindi peggiorano glicemia e trigliceridi) e aumentano la pressione sanguigna.
Si crea un circolo vizioso: il tessuto adiposo addominale produce infiammazione cronica di basso grado, che contribuisce all’aterosclerosi, mentre l’ipertensione e i grassi alti danneggiano le arterie. Non sorprende quindi che la sindrome metabolica aumenti notevolmente il rischio di eventi come infarti e ictus. Uno studio ha stimato che le persone con sindrome metabolica subiscono infarti e ictus circa 2 anni prima rispetto a coetanei senza questi fattori di rischio, a parità di altre condizioni. Inoltre, la presenza della sindrome metabolica porta a un incremento del 30% della mortalità complessiva e oltre il 35% in più di rischio di eventi cardiovascolari non fatali (infarti, ictus) nel lungo termine.
Cause e fattori di rischio
Il diabete di tipo 2 e la sindrome metabolica condividono fattori causali comuni. La predisposizione genetica gioca un ruolo: avere parenti con diabete aumenta la probabilità di svilupparlo. Tuttavia, il detonatore è quasi sempre lo stile di vita. La triade dieta ricca di calorie, scarso esercizio fisico e sovrappeso è il motore principale. In particolare, l’obesità addominale è considerata il fulcro della sindrome metabolica. Il tessuto adiposo viscerale, metabolicamente attivo, rilascia acidi grassi liberi e ormoni (adipokine) che causano insulino-resistenza – condizione in cui i tessuti rispondono meno all’insulina, portando il pancreas a produrne di più finché, esaurito, sopraggiunge l’iperglicemia. Al tempo stesso l’insulino-resistenza favorisce ipertensione e dislipidemia. L’alimentazione scorretta (eccesso di zuccheri semplici, bevande zuccherate, grassi saturi, sale) contribuisce all’aumento di peso, all’aumento dei trigliceridi e all’ipertensione. Sedentarietà e carenza di attività fisica fanno il resto, riducendo il consumo calorico e peggiorando la sensibilità insulinica dei muscoli. Altri fattori: l’età (la sindrome metabolica è rara nei giovani, ma sale con l’età, superando il 40-50% negli over 60), il sesso (negli uomini adulti c’è più obesità addominale, ma nelle donne postmenopausa il rischio si equivale), e alcune condizioni mediche (ad es. la steatosi epatica non alcolica è spesso associata a sindrome metabolica). Anche dormire poco e stress cronico possono influire negativamente sul metabolismo. Per il diabete di tipo 2, oltre a questi fattori, c’è da citare la ridotta funzione delle cellule beta del pancreas con il tempo: le stesse richieste metaboliche elevate (in obesità e insulino-resistenza) “sovraccaricano” il pancreas che gradualmente perde colpi nella produzione di insulina.
Sintomi e diagnosi
Sia la sindrome metabolica che il prediabete/diabete iniziale possono essere silenti. La sindrome metabolica di per sé non dà sintomi specifici, ma i suoi componenti sì: ad esempio si può avere pressione alta (a volte con mal di testa o stordimento), o segni di insulino-resistenza come l’acanthosis nigricans (macchie scure sulla pelle di collo e ascelle). Il diabete tipo 2 spesso nelle fasi precoci non causa sintomi evidenti; a valori glicemici molto alti però compaiono i segni classici: sete intensa, minzione frequente, calo di peso inspiegato, vista offuscata, maggiore suscettibilità alle infezioni (per esempio candidosi ricorrenti). Spesso il diabete viene scoperto con esami di sangue di routine che mostrano glicemia elevata. Si definisce diabete quando la glicemia a digiuno è ≥126 mg/dL in due occasioni, oppure con curva da carico (OGTT) se la glicemia 2 ore dopo è ≥200, o ancora un’emoglobina glicata ≥6,5%. Si parla di prediabete con glicemia a digiuno 100-125 mg/dL o glicata 5,7-6,4%. La diagnosi di sindrome metabolica invece richiede la valutazione di circonferenza vita e esami sanguigni: la circonferenza considerata a rischio è >102 cm nell’uomo e >88 cm nella donna (valori di riferimento OMS), trigliceridi ≥150 mg/dL, HDL basso (<40 M, <50 F), pressione ≥130/85 mmHg o in terapia, glicemia ≥100 mg/dL o diabete noto. Avere 3 di questi 5 conferma la diagnosi. Un aspetto subdolo: molti scoprono di avere sindrome metabolica o diabete solo quando si manifesta qualche complicanza, ad esempio un infarto inaspettato o un riscontro di retinopatia diabetica. Da qui l’importanza di controlli periodici soprattutto se si hanno fattori predisponenti (sovrappeso, familiarità).
Il diabete cronico mal controllato può colpire molti organi: provoca danni ai vasi sanguigni grandi e piccoli. Sul lungo termine, porta a complicanze microvascolari come la retinopatia diabetica (danni ai vasi della retina, con rischio di perdita della vista), la nefropatia diabetica (danni ai reni, fino all’insufficienza renale cronica), la neuropatia diabetica (danno ai nervi periferici con dolore, formicolii, perdita di sensibilità – tipicamente ai piedi, predisponendo a ulcere difficili da guarire). Inoltre, contribuisce alle complicanze macrovascolari: i diabetici hanno rischio 2-4 volte maggiore di infarto cardiaco, ictus e arteriopatia periferica. La sindrome metabolica, d’altro canto, è un forte predittore proprio di queste malattie cardiovascolari e del diabete stesso. Avere la sindrome metabolica significa essere su una “china scivolosa” verso il diabete tipo 2 e l’aterosclerosi diffusa. Alcune ricerche indicano anche legami tra sindrome metabolica e alcuni tumori (es. fegato, colon). In sintesi, il mancato controllo di queste condizioni può accorciare significativamente l’aspettativa di vita e compromettere la qualità di vita (pensiamo a un diabete complicato da dialisi, cecità, amputazioni agli arti per ulcere non rimarginate).

Prevenzione
La prevenzione del diabete e della sindrome metabolica si basa quasi interamente sullo stile di vita. Numerosi studi hanno dimostrato che intervenendo sui comportamenti si può prevenire o ritardare l’insorgenza del diabete tipo 2 anche in chi ha prediabete. I punti cardine: alimentazione sana, peso forma e attività fisica. Si raccomanda una dieta equilibrata ricca di alimenti con basso indice glicemico: abbondare in verdura, frutta (moderando quella molto zuccherina), cereali integrali, legumi, carni magre o pesce, grassi “buoni” (olio d’oliva, frutta secca) e ridurre invece i cibi ad alto contenuto di zuccheri semplici (dolci, bibite), farine raffinate, grassi saturi (fritture, insaccati) e sale. Un’alimentazione di tipo mediterraneo ha mostrato di ridurre la prevalenza della sindrome metabolica e perfino in certi casi farla regredire. La perdita di peso anche modesta, del 5-10% del peso corporeo iniziale se si è obesi, migliora molto i parametri metabolici (abbassa glicemia e pressione). Sul fronte dell’esercizio fisico: puntare ad almeno 30 minuti al giorno di movimento moderato (camminata a passo svelto, bicicletta, nuoto) aiuta le cellule a utilizzare meglio l’insulina e a bruciare i grassi in eccesso. Evitare il fumo di sigaretta è importante (il fumo peggiora l’insulino-resistenza e aumenta il rischio cardiovascolare). Anche dormire a sufficienza e gestire lo stress può giovare, poiché privazione di sonno e stress cronico sono correlati a alterazioni ormonali che promuovono l’aumento di peso e la resistenza insulinica. Per chi ha già alcuni fattori alterati (ad esempio lieve iperglicemia o sovrappeso), sono utili programmi strutturati di prevenzione – come incontri con nutrizionisti, counsellor per l’attività fisica – che aiutino a modificare gradualmente le abitudini. Studi internazionali hanno dimostrato che l’intervento sullo stile di vita può ridurre fino al 58% il rischio di conversione da prediabete a diabete in 3 anni. A livello di sanità pubblica, misure come tassazione delle bevande zuccherate, miglioramento delle mense scolastiche, creazione di spazi pubblici per fare sport, campagne educative, sono tutte iniziative efficaci per prevenire obesità e diabete a livello di popolazione.
Gestione e trattamento
Quando il diabete di tipo 2 è diagnosticato, la terapia inizia quasi sempre con modifiche dello stile di vita (dieta e esercizio) e spesso con un farmaco orale come la metformina. La metformina migliora la sensibilità all’insulina e aiuta a controllare la glicemia. Se non basta, esistono nuove classi di farmaci orali/iniettabili (come gli inibitori SGLT2 o gli agonisti GLP-1) che non solo abbassano la glicemia ma hanno anche benefici su peso e cuore. In molti casi di diabete di lunga data si passa poi all’insulina per mantenere il controllo glicemico. L’obiettivo è mantenere l’emoglobina glicata sotto 7% (o target individualizzato) per ridurre le complicanze a lungo termine. Contemporaneamente si trattano con farmaci specifici gli altri elementi: antipertensivi per la pressione, statine per il colesterolo, antiaggreganti per protezione cardiovascolare, ecc. Fondamentale è l’approccio integrato: il paziente con sindrome metabolica/diabete deve essere seguito in modo multidisciplinare, con controlli periodici (esami del sangue, monitoraggio del peso, controllo piedi, visita oculistica annuale). Educare la persona a gestire la propria alimentazione (magari con l’aiuto di un dietista) e promuovere la pratica motoria è parte integrante della terapia – infatti il trattamento del diabete si regge su 4 pilastri: dieta, esercizio, farmaci e monitoraggio. Un corretto autocontrollo domiciliare della glicemia (tramite glucometro o sensori sottocutanei) aiuta ad adattare la terapia e prevenire sia iperglicemie prolungate sia episodi di ipoglicemia (soprattutto se si assumono insulina o certi farmaci). Per i pazienti con sindrome metabolica senza diabete, l’attenzione è nel non farli diventare diabetici: quindi dieta, movimento e eventuale trattamento di singoli fattori (per es. statine se c’è dislipidemia importante, ACE-inibitori se iperteso). Nei soggetti ad altissimo rischio (prediabetici molto obesi) talvolta si considera l’utilizzo della metformina a scopo preventivo o addirittura la chirurgia bariatrica se l’obesità è grave, perché la perdita massiva di peso può far regredire il prediabete o il diabete iniziale.
Diabete e sindrome metabolica sono spesso definiti “epidemie del benessere” – paradossalmente legate a uno stile di vita sempre più sedentario e opulento. La buona notizia è che si tratta di condizioni largamente prevenibili o gestibili con scelte quotidiane salutari. Il messaggio pratico è di prendersi cura del proprio metabolismo già da giovani: mantenere il girovita sotto controllo, fare attività fisica regolare e prediligere cibi genuini può evitare in futuro l’incubo di pillole, iniezioni e complicanze. Anche chi ha già il diabete può vivere una vita lunga e attiva se tiene la glicemia ben controllata e adotta abitudini sane. Importante è fare squadra con il proprio medico: controlli periodici, aderenza alle terapie e piccoli cambiamenti nello stile di vita portano a grandi benefici. In termini di salute pubblica, combattere l’obesità e promuovere la salute metabolica richiede uno sforzo collettivo: dalle scuole (educazione alimentare, attività motorie) ai luoghi di lavoro (iniziative di wellness aziendale) fino alle politiche (ambienti urbani a misura di persona, tassazioni su junk food). Investire in prevenzione metabolica significa guadagnare salute – come recita un programma nazionale – perché prevenire diabete e malattie cardiovascolari consente di vivere più a lungo e in buona salute, riducendo al contempo i costi sanitari. In sintesi: bilancia e movimento sono le migliori “medicine” per il nostro metabolismo. Fare scelte sane ogni giorno è un regalo che facciamo al nostro futuro io, permettendogli di evitare o ritardare malattie che oggi, con conoscenza e impegno, possiamo in gran parte tenere lontane.
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