top of page

Endometriosi

  • Gruppo Sadel
  • 28 lug
  • Tempo di lettura: 5 min

L’endometriosi è una malattia ginecologica cronica che colpisce circa il 10-15% delle donne in età fertile. Consiste nella presenza di tessuto endometriale (quello che riveste l’utero internamente) in sedi dove normalmente non dovrebbe stare: ad esempio sulle ovaie, sul peritoneo pelvico, sulle tube, e talvolta su organi vicini come intestino o vescica. Questo tessuto “fuori posto” risponde ai cicli ormonali mestruali esattamente come l’endometrio uterino, causando però infiammazione e dolore nelle sedi anomale. Il sintomo tipico è infatti un dolore pelvico molto intenso durante le mestruazioni, ma l’endometriosi può provocare dolore anche al di fuori del ciclo e problemi di fertilità. Ricevere la diagnosi di endometriosi può generare paura e incertezze (è una malattia cronica, può influire sulla capacità di avere figli), ma è importante sapere che esistono terapie efficaci per controllare i sintomi e aiutare le donne con endometriosi a condurre una vita normale e, se lo desiderano, anche a concepire. In questa sezione spiegheremo cos’è l’endometriosi, perché insorge, quali sintomi la caratterizzano e come viene trattata, con un approccio empatico e rassicurante per chi sta affrontando questa sfida.


Nell’endometriosi, frammenti di endometrio si impiantano al di fuori dell’utero formando lesioni e noduli endometriosici. Queste cellule reagiscono ogni mese agli estrogeni e progesterone: proliferano, si sfaldano e causano sanguinamento microscopico interno, scatenando infiammazione cronica nella zona circostante. Col tempo possono formarsi tessuto cicatriziale e aderenze tra organi. Le sedi più comuni sono le ovaie (dove le lesioni danno luogo alle cisti endometriosiche o “endometriomi”), i legamenti utero-sacrali, il setto retto-vaginale e il peritoneo pelvico in genere. Raramente focacce di endometriosi si possono trovare lontano (pleura, ombelico, etc.). Perché succede tutto ciò? La causa precisa non è nota, ma la teoria più accreditata è quella della mestruazione retrograda: durante il flusso mestruale, un po’ di sangue con cellule endometriali refluisce attraverso le tube nella cavità pelvica, e in alcune donne queste cellule attecchiscono e proliferano. Di per sé la mestruazione retrograda avviene quasi in tutte, ma la maggior parte riesce a “smaltire” quelle cellule senza problemi; nelle donne predisposte (per fattori genetici, immunitari e ormonali) le cellule endometriali ectopiche sopravvivono e formano endometriosi.


ree

Sintomi e diagnosi


L’endometriosi è spesso subdola nella diagnosi perché i sintomi possono essere variabili e mascherati da quelli mestruali “normali”. Il sintomo principe è il dolore: una dismenorrea molto forte (mestruazioni dolorosissime) che va oltre i normali crampi mestruali. Il dolore spesso inizia 1-2 giorni prima del flusso e può durare diversi giorni; viene descritto come crampiforme, ma a volte anche trafittivo, e può irradiarsi alla schiena e alle gambe. Non di rado è accompagnato da nausea, diarrea o, al contrario, stitichezza durante il ciclo, a causa dell’effetto infiammatorio sugli organi intestinali. Un altro sintomo tipico è il dolore durante i rapporti sessuali profondi (dispareunia), dovuto ad impianti su legamenti utero-sacrali o setto retto-vaginale che vengono stirati nella penetrazione. Possono anche esserci dolore all’evacuazione o alla minzione se vi sono focolai su intestino o vescica, soprattutto in fase mestruale. Alcune donne riferiscono dolore pelvico cronicoanche al di fuori del ciclo, un senso di peso costante nel basso ventre. Si possono riscontrare inoltre mestruazioni abbondanti o irregolari (spotting premestruale), e sintomi di stanchezza cronica e disturbi dell’umore(anche perché vivere con dolore ricorrente è estenuante). Purtroppo l’endometriosi può essere sospettata con anni di ritardo dall’esordio dei sintomi perché c’è la tendenza a considerare “normale” per alcune donne avere mestruazioni molto dolorose – ma dolori che costringono a letto o ad assumere analgesici potenti non sono normali e meritano indagine. La diagnosi definitiva di endometriosi si ottiene con la laparoscopia (visione diretta delle lesioni e biopsia), ma oggi non si ricorre sempre a questo metodo invasivo se non necessario. Il ginecologo può porre diagnosi probabile in base a: sintomi riferiti, visita ginecologica (può palpare noduli dolorosi nel fornice vaginale, o notare la ridotta mobilità dell’utero, segno di aderenze), e esami strumentali come l’ecografia transvaginale eseguita da personale esperto.

L’eco transvaginale può visualizzare direttamente i cisti ovariche endometriosiche (che appaiono come masse scure omogenee nelle ovaie) e a volte anche noduli profondi in vagina o setto retto-vaginale. Per forme di endometriosi profonda intestinale o ureterale, spesso si utilizza la risonanza magnetica pelvica, che dà un’immagine dettagliata delle lesioni. Non esistono esami del sangue specifici, anche se un marker chiamato CA-125 è spesso elevato in chi ha endometriosi, ma è aspecifico. In pratica, di solito si arriva alla diagnosi integrando tutti questi dati clinici e strumentali. In donne giovani con dolore pelvico cronico sospetto, spesso si prova direttamente una terapia empirica (pillola estroprogestinica continua) e se funziona si rafforza il sospetto diagnostico. La laparoscopia operativa rimane gold standard quando occorre rimuovere le lesioni o nei casi dubbi.


Trattamenti e gestione


Non esiste purtroppo una cura definitiva che “guarisca” l’endometriosi in modo permanente, ma esistono tantissime terapie per tenerla sotto controllo, alleviare il dolore e gestire le conseguenze. Gli obiettivi sono: ridurre la sintomatologia dolorosa, sopprimere l’attività delle lesioni e preservare (o ristabilire) la fertilità se desiderata. La prima linea di trattamento è di solito farmacologica ormonale: siccome l’endometriosi è estrogeno-dipendente, occorre creare un ambiente ormonale che ne freni la crescita. Il metodo più semplice è l’uso continuativo della pillola anticoncezionale (estrogeni+progestinico) senza interruzioni per saltare le mestruazioni, oppure l’uso di soli progestinici (pillola progestinica continua, iniezioni trimestrali di medrossiprogesterone, impianto sottocutaneo, o la spirale medicata al levonorgestrel). Questi trattamenti riducono o eliminano il flusso mestruale e mettono le lesioni endometriosiche “a riposo”, riducendo molto il dolore in gran parte delle pazienti. In alternativa, per casi più resistenti, si possono usare farmaci che inducono una pseudo-menopausa temporanea: gli agonisti del GnRH (es. leuprorelina) o gli antagonisti, che abbassano drasticamente gli estrogeni – però causano sintomi menopausali e vanno usati a tempo limitato, spesso abbinando una “add-back therapy” con un po’ di estrogeno per mitigare gli effetti collaterali. Più di recente, sono disponibili anche inibitori dell’aromatasi (letrozolo, anastrozolo) in casi selezionati e anticorpi monoclonali in sperimentazione, ma non di routine. Dal lato antidolorifico, si usano FANS e analgesici al bisogno per gestire gli episodi di dolore, oltre alla terapia ormonale di fondo; utili anche approcci complementari come fisioterapia pelvica, esercizi di rilassamento, termoterapia (borse dell’acqua calda), agopuntura – molte pazienti trovano giovamento integrando più metodi (ogni donna è diversa, vale la pena provare varie cose).


Il trattamento chirurgico entra in gioco quando: il dolore non risponde adeguatamente alle terapie mediche, oppure vi sono cisti ovariche grandi (>4-5 cm) da rimuovere, oppure problemi di fertilità per cui si decide di rimuovere le lesioni per migliorare le chance di concepimento. L’intervento standard è la laparoscopia operativa, durante la quale il chirurgo cerca e asporta tutti i focolai visibili di endometriosi, libera le aderenze e asporta le cisti endometriosiche dalle ovaie (cercando di preservare il più possibile il tessuto ovarico sano). È una chirurgia delicata che va eseguita da specialisti esperti di endometriosi, perché un’asportazione incompleta può portare a recidive precoci, e un’asportazione troppo aggressiva (specie su ovaie) può ridurre la riserva ovarica. In casi severi con malattia diffusa e invalidante in donne che hanno già avuto figli o non ne desiderano, si può arrivare a interventi radicali come l’isterectomia con asportazione delle ovaie – ma è un’ultima spiaggia e non garantisce al 100% la cessazione dei sintomi (lesioni endometriosiche possono essere anche extra-uterine e anche in menopausa un minimo di sintomi può persistere). Molto spesso, comunque, si segue un approccio combinato: la chirurgia allevia la malattia macroscopica, poi si prosegue con terapia ormonale per prevenire la ricrescita.


Fertilità: se una donna con endometriosi cerca figli, la strategia può variare: se è giovane e con malattia lieve, si può provare naturalmente per un certo tempo; se l’endometriosi è moderata-grave, dopo la chirurgia migliorativa spesso si ricorre alla procreazione assistita (PMA) come la fecondazione in vitro, per bypassare eventuali ostacoli meccanici. Questo dipende molto dall’età e dai fattori maschili anche. In tutto questo, è cruciale un approccio multidisciplinare: ginecologi, chirurghi, terapisti del dolore, psicologi, nutrizionisti possono tutti contribuire a prendersi cura della donna con endometriosi in modo olistico, perché non è solo un problema fisico ma anche emotivo.

 
 
 

Commenti


  • Facebook
  • Instagram

©2021 Madonna dello Scoglio.

P. iva 03328980796 Sede Operativa Via Naxos Snc - Loc. Sanna Sannello 88900 Crotone

Sede Legale Via Salvatore Baffa 246 cotronei 88836 Kr

Creato da Boomsight S.r.l.

bottom of page