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Infezioni urinarie ricorrenti

  • Gruppo Sadel
  • 28 lug
  • Tempo di lettura: 6 min

Le infezioni urinarie, come la cistite (infezione della vescica), sono disturbi molto comuni specialmente nelle donne. Si stima che oltre la metà delle donne abbia almeno una cistite nella vita, e purtroppo in molte queste infezioni tendono a ripresentarsi. Si parla di infezioni urinarie ricorrenti quando si hanno 3 o più episodi di infezione nel corso di un anno, o 2 in sei mesi. Questo problema può essere frustrante e impattare sulla qualità di vita (fastidi, necessità di antibiotici frequenti, ecc.), ma fortunatamente ci sono misure efficaci per ridurre la frequenza delle recidive e curare rapidamente ogni episodio. In questa sezione spiegheremo perché alcune persone sono predisposte a cistiti ricorrenti, quali sintomi si presentano, come si diagnosticano correttamente e quali approcci – igienici, comportamentali e farmacologici – aiutano a tenerle sotto controllo. Il tono sarà incoraggiante: con qualche attenzione in più e l’aiuto del medico, anche le cistiti recidivanti possono essere arginate.


Descrizione e cause


Le infezioni delle vie urinarie (IVU) sono quasi sempre di origine batterica e originano dall’ascensione di germi lungo l’uretra fino alla vescica (cistite). Il batterio in causa nel 75-85% dei casi è Escherichia coli, normalmente presente nell’intestino: tramite la regione perineale e i genitali esterni può risalire e colonizzare le vie urinarie. Le donne sono molto più predisposte per motivi anatomici: uretra femminile breve e vicina a vagina e ano. Fattori che aumentano il rischio di cistiti ricorrenti includono: attività sessuale (i rapporti possono facilitare l’ingresso di batteri nell’uretra – la cosiddetta “cistite da luna di miele”); l’uso di spermicidi o diaframma vaginale(alterano la flora protettiva); la menopausa (il calo estrogenico assottiglia la mucosa vaginale e riduce i lattobacilli, diminuendo la protezione naturale); eventuali prolassi urogenitali nelle donne anziane. Negli uomini giovani le IVU sono rare (spesso secondarie a anomalie come stenosi uretrali), mentre negli uomini anziani possono comparire soprattutto per l’ipertrofia prostatica (la prostata ingrossata ostruisce leggermente la vescica, causando ristagno di urina e predisponendo a infezione). Altri fattori predisponenti in entrambi i sessi: diabete (lo zucchero nelle urine favorisce la crescita batterica e il diabete può alterare le difese immunitarie); uso frequente di cateteri urinari; alterazioni neurologiche che impediscono lo svuotamento completo della vescica; calcoli urinari. A volte, le IVU ricorrenti sono semplicemente dovute a fattori comportamentali (poca igiene o al contrario eccesso di lavaggi aggressivi che distruggono la flora buona, uso di biancheria sintetica, abitudine di trattenere a lungo l’urina, scarsa idratazione). Da notare: le cistiti non complicate colpiscono tipicamente la vescica; se l’infezione risale ai reni si ha la pielonefrite, più seria, con febbre alta e dolore lombare. Qui parliamo soprattutto di cistiti ricorrenti “basse”. In queste situazioni, i batteri potrebbero annidarsi formando riserve (biofilm) o provenire dall’intestino in modo continuo, quindi bisogna agire su più fronti per spezzare il circolo.


Sintomi e diagnosi: I sintomi di una cistite acuta sono piuttosto caratteristici: bruciore o dolore durante la minzione(disuria), stimolo frequente ad urinare anche quando la vescica è quasi vuota (pollachiuria), a volte urgenza improvvisa di dover correre in bagno e difficoltà a trattenere l’urina. Si può avere un dolore o peso al basso ventre sovrapubico. Spesso l’urina appare torbida, scura, dall’odore forte, e talvolta contiene tracce di sangue (ematuriamacroscopica in ~20% dei casi). In genere non vi è febbre nelle cistiti semplici; se compare febbre > 38°C con brividi, l’infezione potrebbe aver coinvolto i reni (pielonefrite) e va subito valutata dal medico. Nelle infezioni alte (pielonefriti) i sintomi includono dolore al fianco, febbre, nausea – ma nelle cistiti classiche questi mancano. In caso di IVU ricorrenti, i sintomi tendono a ripresentarsi simili ad ogni episodio.


Diagnosi: Nella giovane donna con sintomi tipici e senza segni di complicanze, spesso il medico tratta direttamente senza bisogno di esami costosi. Tuttavia, in presenza di recidive frequenti o in pazienti a rischio, è importante eseguire esami delle urine. L’esame urine standard può rilevare globuli bianchi (piuria) e nitriti (prodotti da batteri Gram negativi come E.coli) tipici di infezione. La conferma avviene con l’urinocoltura, che identifica il germe e indica a quali antibiotici è sensibile (antibiogramma). Questo è fondamentale se le IVU ritornano, per scegliere la terapia mirata ed evitare antibiotici inutili. Nel caso degli uomini, ogni episodio di IVU è considerato complicato e va sempre indagato con urinocoltura e spesso esami strumentali (per escludere cause come calcoli, prostatiti, ostruzioni). Nelle donne con recidive, specialmente se c’è un secondo episodio a breve distanza dal primo, anche qui è raccomandata l’urinocoltura: spesso la recidiva è dovuta allo stesso batterio non eradicato del tutto, oppure a un nuovo germe. Se un paziente ha >2 IVU/anno, il medico può suggerire ulteriori accertamenti: ad esempio un’ecografia reno-vescicale per vedere se vi sono calcoli o anomalie; in alcuni casi cistoscopia (visita endoscopica della vescica) se si sospettano lesioni interne; test urodinamici se c’è ritenzione urinaria. Attenzione: non tutte le presenze di batteri nelle urine significano malattia: c’è la batteriuria asintomatica (soprattutto anziani e diabetici ne sono affetti), che di solito non va trattata con antibiotici a meno di situazioni particolari (gravidanza, prima di chirurgia urologica). Quindi è il medico a interpretare l’urinocoltura insieme ai sintomi.


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Trattamento e prevenzione: La cura di un episodio acuto di cistite consiste in un ciclo breve di antibiotici adatti. Molecole come fosfomicina trometamolo (una bustina monodose), nitrofurantoina (5-7 giorni), trimetoprim-sulfametoxazolo, fluorochinoloni o altri, vengono scelte in base all’antibiogramma o alla probabilità di coprire E.coli locale. È fondamentale completare il ciclo antibiotico prescritto, anche se i sintomi scompaiono in 1-2 giorni, per eliminare del tutto l’infezione. Per alleviare i sintomi, oltre all’antibiotico, si raccomanda di bere molti liquidi (per “lavare” la vescica); assumere eventualmente antidolorifici come paracetamolo; alcuni medici consigliano integratori di D-mannosio o cranberry durante la fase acuta anche se l’efficacia è dibattuta. Una volta risolto l’episodio, l’attenzione si sposta sulla prevenzione di nuove infezioni.


Misure comportamentali: innanzitutto idratazione abbondante quotidiana e non trattenere l’urina troppo a lungo, urinare spesso aiuta a svuotare batteri eventualmente risaliti.


Corretta igiene intima: lavarsi quotidianamente (non eccessivamente!) con prodotti delicati, sempre pulendosi in direzione da davanti verso dietro (per le donne) dopo la defecazione, per non trascinare flora fecale verso l’uretra. Evitare l’uso frequente di lavande interne o detergenti aggressivi che alterano il microbiota vaginale protettivo.Urinare dopo i rapporti sessuali: questa semplice abitudine aiuta a “sciacquare” eventuali batteri introdotti durante l’atto. Durante i rapporti, per chi soffre di cistiti post-coitali frequenti, può essere utile l’uso di lubrificanti se c’è secchezza (per ridurre microtraumi) e preferire metodi contraccettivi non spermicidi (il preservativo va benissimo, il diaframma + spermicida è più a rischio cistiti).

Biancheria intima: preferire slip di cotone traspirante e non troppo stretti; evitare di tenere costumi bagnati addosso a lungo; per le donne, è sconsigliato l’uso prolungato di salvaslip che creano ambiente umido, e meglio cambiare assorbenti/ tamponi frequentemente durante il ciclo.

Fattori dietetici e vari: alcuni pazienti riferiscono che cibi irritanti come spezie piccanti, caffè, alcol, bevande gassate, agrumi possono peggiorare i sintomi di cistite o predisporre; non c’è prova scientifica forte, ma se notate una correlazione personale, moderateli.

Rimedi integrativi: l’uso di integratori di mirtillo rosso (cranberry) è molto diffuso: contengono proantocianidine che dovrebbero impedire ai batteri di aderire alle pareti vescicali. Gli studi sull’efficacia sono contrastanti: alcuni mostrano lieve riduzione delle recidive, altri no; comunque sono sicuri e molti medici li consigliano a chi ha recidive (ad esempio un ciclo al mese per vari mesi).


Probiotici: l’assunzione di lactobacilli (via orale o in ovuli vaginali) può aiutare a ristabilire la flora vaginale protettiva, specialmente dopo antibiotici. Nelle donne in menopausa con cistiti ricorrenti, spesso si prescrive terapia estrogenica locale (creme o ovuli vaginali a base di estrogeni deboli): questo migliora lo spessore della mucosa urogenitale e la flora lattobacillare, riducendo significativamente le infezioni. Se nonostante tutto le recidive continuano, il medico può proporre una profilassi antibiotica: ad esempio prendere una bassa dose di antibiotico ogni sera per 3-6 mesi, oppure una dose singola dopo ogni rapporto sessuale (profilassi post-coitale). Questo si fa in casi selezionati e seguendo attentamente le indicazioni, per evitare resistenze. Esiste anche un “vaccino” orale (lisato batterico di E.coli) che stimola l’immunità mucosale: alcuni studi suggeriscono che riduca gli episodi in pazienti con recidive frequenti. In situazioni particolari (es. prolassi, calcoli, malformazioni) la prevenzione passa anche attraverso la correzione di queste cause predisponenti (chirurgia del prolasso, rimozione di calcoli, ecc.).

 
 
 

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