La salute mentale globale
- Gruppo Sadel
- 24 lug
- Tempo di lettura: 7 min
La salute mentale è parte integrante della salute complessiva e del benessere di ogni individuo. Eppure, per molti anni è stata trascurata e stigmatizzata. Oggi si parla di “salute mentale globale” per indicare l’importanza di affrontare i disturbi mentali su scala mondiale, riconoscendo che milioni di persone ne sono affette e che queste condizioni contribuiscono in modo significativo al carico di malattia globale. Depressione, ansia, disturbi bipolari, schizofrenia, disturbi da uso di sostanze, sono solo alcuni esempi di patologie psichiatriche che impattano la vita di individui e famiglie. La pandemia di Covid-19, conflitti, crisi economiche e cambiamenti sociali hanno ulteriormente sottolineato la fragilità dell’equilibrio mentale collettivo. Promuovere la salute mentale e potenziare i servizi di cura è oggi una priorità riconosciuta dall’OMS e dagli obiettivi di sviluppo sostenibile. Parliamo quindi di salute mentale globale per evidenziare l’ampiezza del fenomeno e la necessità di agire in ogni paese per dare supporto a chi ne ha bisogno.

I numeri evidenziano quanto i disturbi mentali siano diffusi. Nel 2019, ben 970 milioni di persone nel mondo vivevano con un disturbo mentale – circa 1 persona su 8.
Queste condizioni, pur essendo spesso invisibili dall’esterno, rappresentano la principale causa di disabilità: a livello globale, i disturbi mentali sono responsabili di 1 anno su 6 vissuto con disabilità (YLD).
Significa che il 17% circa degli anni vissuti con limitazioni funzionali o di salute è dovuto a problemi mentali – più di qualsiasi altra categoria di malattie. La depressione da sola è tra le prime cause di disabilità nel mondo. Inoltre, la presenza di un grave disturbo mentale può ridurre significativamente l’aspettativa di vita: chi soffre di schizofrenia o disturbi mentali severi muore in media 10-20 anni prima della popolazione generale, spesso per concomitanti malattie fisiche non adeguatamente trattate o per stili di vita meno sani. Sul fronte dei giovani, circa 1 adolescente su 7 nel mondo soffre di un disturbo mentale (come ansia o depressione) secondo stime OMS, e il suicidio è tra le prime cause di morte nei giovani adulti. Ogni anno si registrano oltre 700.000 suicidi nel mondo. Ciò rivela la drammaticità delle sofferenze psicologiche non trattate. La situazione si è aggravata con la pandemia di Covid-19: il primo anno della pandemia ha visto un aumento del 25% nella prevalenza globale di disturbi d’ansia e depressione. L’isolamento sociale, le incertezze economiche e le perdite subite hanno portato a una vera “pandemia silenziosa” di problemi mentali. Alcune aree del mondo sono più colpite? In realtà, i disturbi mentali sono universali, ma spesso i tassi riferiti variano anche in base alla disponibilità di dati e allo stigma: dove c’è stigma, le persone tendono a non segnalare i sintomi. Va considerato che la salute mentale è interconnessa con fattori socio-economici: povertà, conflitti, disastri naturali aumentano il rischio di disturbi mentali nella popolazione esposta. Inoltre, c’è uno squilibrio di risorse: circa il 75% delle persone con disturbi mentali nei paesi a basso-medio reddito non riceve alcun trattamento (treatment gap). Anche nei paesi ricchi, solo la metà circa di chi ha depressione o ansia viene intercettato e curato.
Cause e fattori determinanti: La salute mentale è influenzata da una combinazione di fattori biologici, psicologici e sociali. Ci sono predisposizioni genetiche per disturbi come schizofrenia o disturbo bipolare, ma l’espressione di tali malattie dipende anche da stress ambientali. Tra i fattori di rischio psicosociali troviamo: traumi nell’infanzia (abusi, trascuratezza), situazioni di violenza o guerra, povertà estrema e esclusione sociale, disoccupazione, isolamento, discriminazione. Ad esempio, vivere in condizione di povertà raddoppia il rischio di depressione e ansia: è difficile mantenere un buon equilibrio mentale quando mancano i bisogni primari. Anche eventi di vita come lutti importanti, malattie fisiche debilitanti, o la recente pandemia, possono innescare disturbi mentali in persone vulnerabili. Alcuni disturbi hanno componenti di neurotrasmettitori alterati nel cervello (ad es. la depressione è associata a bassi livelli di serotonina e noradrenalina), e farmaci specifici possono correggerle. Ma quasi sempre c’è un’interazione: per esempio, un giovane geneticamente predisposto alla schizofrenia potrebbe svilupparla sotto effetto di forti stress o uso di droghe (la cannabis ad alto dosaggio in adolescenza è indicata come fattore di rischio per psicosi in individui predisposti). Da non dimenticare la relazione bidirezionale tra salute fisica e mentale: malattie croniche (cardiache, diabete, cancro) possono condurre a depressione; viceversa, chi soffre di depressione ha maggior rischio di sviluppare malattie cardiache o metaboliche, spesso perché tende a trascurare la propria salute o per meccanismi fisiologici (infiammazione cronica). L’età è un altro fattore: metà dei disturbi mentali iniziano prima dei 14 anni, dunque l’adolescenza è un periodo critico. Anche l’anzianità porta rischi di depressione (per solitudine o declino fisico) e declino cognitivo (demenze). Infine, esistono fattori protettivi: avere una rete sociale di supporto, accedere all’istruzione, vivere in un ambiente sicuro, avere competenze di resilienza, riduce il rischio o aiuta a fronteggiare meglio gli stress.
Stigma e impatto sociale: Uno dei problemi più grandi legati alla salute mentale è il pregiudizio. In molti contesti, ammettere di avere un disturbo mentale è ancora un tabù. Questo porta le persone a non cercare aiuto per paura di essere giudicate deboli, “pazze” o inaffidabili. Lo stigma colpisce anche le famiglie e persino gli operatori sanitari (in certi paesi gli psichiatri sono visti di cattiva luce). Di conseguenza, c’è uno scollamento tra bisogni e cure offerte. Il peso economico delle malattie mentali è enorme: non solo costi diretti sanitari, ma anche perdita di produttività (si pensi alla depressione che porta ad assenze dal lavoro o scarso rendimento). Si stima che l’impatto economico globale dei disturbi mentali superi i 1000 miliardi di dollari l’anno per la perdita di produttività. Inoltre, i disturbi mentali spesso iniziano in età giovane e quindi tolgono anni di vita attiva. Un altro aspetto sociale è il diritto e dignità: in passato (e ancora oggi in vari paesi) chi ha disturbi psichiatrici è stato privato dei diritti umani, internato in istituti in condizioni disumane. Oggi l’approccio è cambiato verso l’inclusione e il trattamento in comunità, ma restano sacche di discriminazione – ad esempio, una persona con schizofrenia può trovare difficile trovare lavoro o una casa per il pregiudizio.
Cure e interventi: La buona notizia è che la maggior parte dei disturbi mentali si può trattare efficacemente a costi relativamente bassi. Esistono trattamenti farmacologici (antidepressivi, ansiolitici, antipsicotici, stabilizzatori dell’umore) e psicoterapie basate sull’evidenza (come la terapia cognitivo-comportamentale per depressione e ansia, o la terapia famigliare per la schizofrenia) che migliorano i sintomi e la funzionalità. Ad esempio, gli antidepressivi e la psicoterapia migliorano i sintomi della depressione in 70-80% dei casi; gli antipsicotici permettono a molte persone con schizofrenia di vivere nella comunità e non in ospedale. Ciononostante, i sistemi sanitari investono poco in salute mentale: meno del 2% del budget sanitario in molti paesi (in quelli ricchi sale al 5% circa, comunque poco rispetto all’onere di malattia). C’è carenza di specialisti: in paesi poveri possono esserci meno di 1 psichiatra ogni 100.000 abitanti. Si sta cercando di colmare il gap formando anche medici di base e infermieri alla gestione dei disturbi mentali comuni (compiti condivisi, task shifting). L’OMS ha lanciato programmi come mhGAP per aiutare i paesi a integrare la salute mentale nelle cure primariewho.int. Ci sono anche iniziative innovative: l’uso di tecnologie digitali (app di supporto psicologico, teleconsulto), coinvolgimento di pari (persone guarite che aiutano altre in percorso di cura), progetti di lotta allo stigma (ad esempio campagne con personaggi famosi che raccontano la propria depressione per normalizzare l’argomento). Non va dimenticato il ruolo della prevenzione: promuovere la salute mentale significa agire su determinanti come ridurre la violenza (che genera traumi), supportare i genitori nell’educazione dei figli (per prevenire disturbi comportamentali), garantire scuole attente al benessere emotivo degli studenti, contrastare il bullismo, limitare l’accesso a mezzi di suicidio (armi da fuoco, pesticidi, etc.), sensibilizzare sul consumo responsabile di alcol. Tutte queste azioni riducono l’incidenza di disturbi e suicidi. Ad esempio, un programma scolastico per insegnare ai ragazzi tecniche di gestione dello stress può prevenire l’insorgenza di ansia o depressione. Anche in contesti di crisi, fornire supporto psicologico di base (come primi soccorsi psicologici) alle popolazioni colpite aiuta a mitigare traumi.
La salute mentale globale riguarda tutti noi, perché non c’è salute senza salute mentale. Il messaggio pratico è anzitutto abbattere i pregiudizi: chiedere aiuto per un disagio psichico è un atto di coraggio e di buon senso, esattamente come andare dal medico per un dolore al petto. Se ci sentiamo sopraffatti da tristezza, ansia, pensieri oscuri, rivolgiamoci con fiducia a uno psicologo, uno psichiatra o anche al nostro medico di base; esistono terapie efficaci che possono restituirci la gioia di vivere o quantomeno alleviare il peso. Allo stesso tempo, impariamo ad ascoltare chi ci sta accanto: a volte un familiare, un amico sta lanciando segnali di sofferenza (ritiro sociale, irritabilità, frasi di autosvalutazione) e la nostra presenza empatica può incoraggiarlo a parlare e a farsi aiutare. Sul piano sociale, sosteniamo iniziative che promuovano ambienti di vita sani: comunità accoglienti, reti di supporto per i più fragili (anziani soli, giovani in difficoltà, ecc.), luoghi di lavoro che considerino il benessere psicologico dei dipendenti (programmi di gestione dello stress, equilibrio vita-lavoro). Ai governi si chiede di investire di più: più centri di salute mentale, più psicologi nelle scuole, campagne di prevenzione del suicidio, linee di ascolto disponibili H24 per chi è in crisi. In definitiva, la sfida è normalizzare la salute mentale: parlarne apertamente come si farebbe di pressione alta o di influenza. Solo così le persone non avranno paura o vergogna a cercare cure. Dobbiamo ricordare che tutti noi, nel corso della vita, possiamo attraversare periodi di fragilità mentale – ed è in quei momenti che una società solidale fa la differenza. Prendersi cura della mente è un investimento sul benessere collettivo: una popolazione mentalmente sana è più resiliente, produttiva e in grado di affrontare le sfide globali con creatività ed empatia. In sintesi: non c’è salute senza salute mentale, e ognuno di noi può contribuire a creare una cultura più comprensiva e servizi più accessibili perché la salute mentale diventi veramente un diritto di tutti, ovunque nel mondo.
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