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Polimialgia Reumatica

  • Gruppo Sadel
  • 9 set
  • Tempo di lettura: 6 min

La polimialgia reumatica (PMR) è una malattia infiammatoria che colpisce principalmente i muscoli e i tessuti periarticolari di spalle e anche, causando dolore e rigidità marcati. Il termine “polimialgia” significa letteralmente “molti dolori muscolari”. Si tratta di una condizione che compare quasi esclusivamente in persone con più di 50 anni, con un picco di incidenza intorno ai 70 anni. Le donne ne sono affette circa due volte più spesso degli uomini. La PMR è abbastanza comune nei paesi occidentali (si stima una prevalenza di circa 1 su 1000 negli ultrasessantenni) e spesso è associata – o meglio, correlata – a un’altra malattia infiammatoria chiamata arterite temporale o arterite gigantocellulare (una vasculite delle arterie delle tempie e testa). Infatti, in alcuni pazienti le due condizioni coesistono, suggerendo un legame patogenetico. Le cause esatte non sono note: non è considerata una malattia autoimmune classica e non sembrano esserci autoanticorpi specifici. Si ipotizza che infezioni virali o altri fattori ambientali possano innescare un’abnorme reazione immunitaria in soggetti geneticamente predisposti di età avanzata.


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I sintomi della polimialgia reumatica iniziano spesso in modo subdolo ma possono aggravarsi rapidamente nel giro di giorni o settimane. Il quadro tipico è quello di un paziente anziano che riferisce dolori muscolari intensi e rigidità al collo, alle spalle, alle braccia e alle cosce (cingolo pelvico). In particolare, la rigidità è molto pronunciata al mattino: al risveglio la persona si sente “bloccata”, con difficoltà a alzare le braccia, girare il collo, alzarsi dal letto o dalla sedia. Questa rigidità mattutina è prolungata, può durare anche un’ora o più prima di migliorare con un po’ di movimento. dolori sono simmetrici (colpiscono entrambi i lati del corpo) e spesso peggiorano dopo periodi di inattività, ad esempio dopo essere stati seduti a lungo. Le spalle sono quasi sempre coinvolte; molti pazienti hanno difficoltà a sollevare le braccia sopra la testa (non riescono ad esempio a pettinarsi o a prendere un oggetto da uno scaffale alto). Anche le anche e le cosce sono colpite: può esserci dolore e rigidità nel cingolo pelvico, con fatica a chinarsi, infilarsi i pantaloni, salire le scale. Non si tratta di un dolore articolare puntuale, ma di una sensazione dolorosa diffusa e profonda nei muscoli e nelle aree periarticolari. A differenza di condizioni come la polimiosite, nella PMR la forza muscolare oggettiva rimane normale al test clinico (il paziente ha dolore a muoversi, ma se spronato e nonostante il dolore è in grado di compiere il movimento, semplicemente lo fa con sofferenza). Questo distingue la PMR da una miopatia: è come se i muscoli facessero molto male ma non fossero realmente deboli. Oltre ai dolori, possono esserci sintomi sistemici: circa la metà dei pazienti riferisce malessere generale, affaticamento, un po’ di febbricola (febbre leggera) e perdita di pesoinvolontaria.


Non di rado tali sintomi generali possono far sospettare inizialmente un’influenza protratta o addirittura una neoplasia, prima che si inquadri la PMR.

È importante tenere presente la possibile associazione con l’arterite temporale (o arterite di Horton): alcuni pazienti con PMR sviluppano anche infiammazione delle arterie craniche, che si manifesta con mal di testa localizzato alle tempie, dolore al cuoio capelluto quando lo toccano o pettinano, dolore alla mandibola durante la masticazione (claudicatio masticatoria) e possibile calo della vista. Questa è un’urgenza medica, perché l’arterite temporale può portare a cecità se non trattata prontamente con cortisone ad alte dosi. Dunque, in un paziente con PMR bisogna vigilare su eventuali sintomi craniali e, se presenti, intervenire subito.

La diagnosi di polimialgia reumatica si basa su criteri clinici e di laboratorio. Non esiste un test specifico, ma è tipico trovare indici infiammatori molto elevati: VES e PCR sono quasi sempre alte (a volte la VES supera i 50-100 mm/h). Anemia lieve e aumento delle piastrine possono essere presenti, riflettendo lo stato infiammatorio. L’esame obiettivo mostra dolorabilità nei muscoli delle spalle e delle anche, e limitazione nei movimenti attivi per il dolore, ma senza veri deficit di forza o atrofie muscolari. Spesso, la diagnosi viene suggellata anche dalla risposta eccezionalmente rapida alla terapia (che è quasi patognomonica): la PMR risponde quasi “magicamente” al cortisone.

Il trattamento infatti consiste principalmente nei corticosteroidi a basso dosaggio, che rappresentano una sorta di “test diagnostico-terapeutico”. Una dose iniziale di prednisone intorno a 12.5-25 mg al giorno (solitamente 15 mg/die) porta un miglioramento drammatico: nel giro di 24-72 ore i pazienti riferiscono spesso una scomparsa quasi completa dei dolori e della rigidità.


Questa pronta risposta conferma la diagnosi e dà grande sollievo. Il cortisone tuttavia va poi continuato e scalato gradualmente nel tempo: la PMR è autolimitante nel senso che tende a risolversi spontaneamente nel giro di alcuni anni, ma fino ad allora senza terapia i sintomi persistono. Tipicamente si mantiene il paziente a una dose efficace di prednisone per 4-6 settimane, poi si inizia a ridurre lentamente (ad esempio calando di 1-2.5 mg al mese), monitorando che l’infiammazione non si riaccenda. Il trattamento complessivo dura spesso 1-2 anni, a volte di più se i tentativi di sospensione provocano ricadute. Durante la terapia steroidea prolungata, si associano accorgimenti per prevenirne gli effetti collaterali: dieta a basso sale/zuccheri, integrazione di calcio e vitamina D e protezione dello stomaco se necessario. Alcuni pazienti richiedono inoltre il methotrexate come risparmiatore di cortisone, specie se non riescono a scendere col prednisone sotto certi dosaggi senza ricadere: l’aggiunta di metotrexate a basso dosaggio può aiutare a mantenere la remissione riducendo il bisogno di steroidi. In fase acuta, oltre al cortisone, si possono usare anche FANS o antidolorifici per alleviare i sintomi, ma il loro effetto è marginale rispetto a quello del cortisone.

La polimialgia reumatica ha una prognosi eccellente: non causa danni permanenti ai muscoli o alle articolazioni e nella maggior parte dei casi scompare nel giro di qualche anno.


Ciò significa che, a differenza di molte altre malattie reumatiche, la PMR può essere considerata curabile (o almeno “esauribile” nel tempo). L’aspetto cruciale è riconoscerla e trattarla adeguatamente per non far patire inutilmente i pazienti. Spesso chi ne soffre arriva dal medico lamentando una brusca perdita di autonomia: “Dottore, nel giro di due settimane sono diventato vecchio di 30 anni, non riesco più a vestirmi da solo o ad alzare le braccia”. È notevole come, con la giusta terapia, queste persone tornino velocemente alla normalità. Il recupero funzionale con il cortisone è spettacolare: pazienti che al mattino impiegavano ore per ingranare, riprendono a muoversi fluidamente e senza dolore.

Dal punto di vista della qualità di vita, la PMR non trattata ha un impatto molto pesante nel quotidiano: i dolori e soprattutto la rigidità rendono penose attività semplici come lavarsi, vestirsi, guidare, e disturbano il sonno provocando stanchezza diurna. Spesso i pazienti diventano depressi perché si sentono improvvisamente invalidi e dipendenti dagli altri per aiuto.


Fortunatamente, il trattamento ripristina la loro autosufficienza rapidamente. Ovviamente, l’uso prolungato di cortisone comporta altri accorgimenti per mantenere la qualità di vita: bisogna gestire eventuali effetti collaterali come insonnia, nervosismo, aumento dell’appetito, rischio di osteoporosi. Ma questi possono essere mitigati e la maggior parte delle persone preferisce di gran lunga tollerare qualche effetto del cortisone piuttosto che tornare ai dolori lancinanti di prima.

È interessante notare che la PMR, pur essendo un’infiammazione, non è pericolosa di per sé: il vero rischio associato, come detto, è l’arterite temporale. Ma se quest’ultima viene esclusa o trattata opportunamente quando presente, la polimialgia in sé non danneggia organi né accorcia la vita. Una volta superata la fase attiva, i pazienti recuperano pienamente.

In conclusione, la polimialgia reumatica è una patologia infiammatoria dell’anziano che, se riconosciuta tempestivamente, può essere controllata e portata a remissione completa. Rappresenta una delle poche malattie reumatiche in cui il paziente può sperare in una guarigione totale col tempo. Il messaggio importante è non sottovalutare gli anziani che lamentano forti dolori e rigidità improvvisi: spesso viene scambiata per “reumatismi” generici o inquadrata male. Una volta instaurata la corretta terapia, il cambiamento è notevole: riporta dignità e autonomia alla persona, risolvendo quei “semplici” ma devastanti impedimenti come non riuscire ad alzare le braccia per pettinarsi o infilare una giacca. Per questo la polimialgia reumatica viene considerata una delle malattie più gratificanti da trattare per il reumatologo, vista la rapida risposta e il miglioramento della qualità di vita del paziente praticamente dall’oggi al domani.

 
 
 

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