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Sclerodermia (Sclerosi Sistemica)

  • Gruppo Sadel
  • 9 set
  • Tempo di lettura: 6 min

La sclerodermia, o sclerosi sistemica, è una malattia cronica autoimmune caratterizzata da un’abnorme produzione di tessuto connettivo (in particolare collagene) che causa fibrosi e irrigidimento della pelle e di vari organi interni. Il nome “sclerodermia” significa letteralmente “pelle dura”, che è il segno più evidente: l’ispessimento e l’indurimento cutaneo progressivo. Esistono due forme principali: la sclerosi sistemica diffusa, in cui l’indurimento cutaneo è esteso oltre mani e avambracci e c’è un coinvolgimento precoce e significativo degli organi interni, e la sclerosi sistemica limitata (un tempo chiamata sindrome CREST), in cui la fibrosi cutanea è confinata a mani, avambracci e volto e gli organi interni sono colpiti più tardivamente e in modo più lieve. La malattia è rara (prevalenza di poche decine di casi per milione), ma importante per la sua potenziale gravità. Colpisce soprattutto le donne (rapporto 7:1 rispetto agli uomini in età pre-menopausale) e tipicamente tra i 30 e i 50 anni. Come molte malattie autoimmuni, la causa esatta è ignota: si ritiene che fattori ambientali (forse esposizioni a sostanze chimiche come solventi organici) su base genetica predisposta possano innescare una cascata autoimmune che porta a danno dei piccoli vasi sanguigni (microangiopatia) e attivazione dei fibroblasti che producono troppo collagene.



Il quadro clinico della sclerodermia varia a seconda della forma, ma spesso inizia con il fenomeno di Raynaud: quasi tutti i pazienti con sclerosi sistemica riferiscono episodi di vasospasmo delle dita con dita bianche, blu e poi rosse al freddo o stress, che di solito precedono di mesi o anni gli altri sintomi. A seguire compare il segno più caratteristico: l’ispessimento cutaneo progressivo. Di solito inizia dalle dita delle mani (sclerodattilia): la pelle delle dita diventa tesa, dura, lucida, aderente ai piani sottostanti, tanto che i pazienti notano di non riuscire più a pizzicarla o sollevarla. Le dita possono assumere un aspetto affusolato (“a salsicciotto” inizialmente per edema, poi affilato e fisso) e spesso si incurvano in flessione alle articolazioni (contratture in flessione). La pelle indurita si estende poi alle mani, ai polsi e negli anni, in forma diffusa, anche ad avambracci, braccia, volto, tronco. La faccia diventa anch’essa “ingessata”: la pelle tesa riduce le rughe d’espressione dando un volto maschera, la bocca può assottigliarsi e aprirsi meno (microstomia, che rende difficili anche azioni come sbadigliare o dal punto di vista dentistico aprire bene la bocca). Sulla pelle fibrotica compaiono spesso teleangectasie (piccoli capillari dilatati visibili a occhio nudo, soprattutto su mani e viso) e depositi di calcio sottopelle (calcinosi cutanea) in alcune zone. Un altro segno tipico sono le ulcere digitali: a causa del Raynaud e della fibrosi dei vasi, le punte delle dita ricevono meno sangue e sviluppano facilmente piccole piaghe dolorose e difficili a guarire, specialmente ai polpastrelli o sulle nocche. Le mani sclerodermiche inoltre spesso assumono una posizione “ad artiglio” per la retrazione cutanea..


Accanto ai cambiamenti cutanei, la sclerosi sistemica colpisce i vasi sanguigni e organi interni come esofago, polmoni, cuore e reni. Un organo quasi sempre coinvolto è l’esofago: la fibrosi colpisce la muscolatura esofagea causando ipomotilità e reflusso gastroesofageo severo (i pazienti lamentano bruciore retrosternale, rigurgiti acidi, e devono dormire con più cuscini). Anche l’intestino può essere interessato, con malassorbimento e alterazioni del transito. I polmonipurtroppo sono uno degli organi più colpiti: in molte forme diffuse si sviluppa una fibrosi polmonare (polmonite interstiziale) che porta a difficoltà respiratoria progressiva, tosse secca e ridotta ossigenazione.

Inoltre, può insorgere un’ipertensione polmonare (specie nelle forme limitate di lunga data): l’infiammazione dei piccoli vasi polmonari e la fibrosi aumentano la pressione nell’arteria polmonare, affaticando il cuore destro. Questo si manifesta con affanno sotto sforzo che peggiora col tempo. Il cuore stesso può avere fibrosi nel muscolo (cardiomiopatia) o nei sistemi di conduzione (aritmie), e a volte pericardite. I reni in passato erano la principale causa di mortalità: una complicanza chiamata “crisi renale sclerodermica”, caratterizzata da improvvisa ipertensione maligna e insufficienza renale acuta, era relativamente frequente nelle forme diffuse (oggi viene molto ridotta grazie all’uso tempestivo di ACE-inibitori al primo segno di rialzo pressorio).

I sintomi sistemici includono anche stanchezza, dolori articolari e muscolari (molti pazienti all’esordio hanno dolenzie migranti, anche per l’infiammazione dei tessuti periarticolari), e possibili manifestazioni autoimmuni sovrapposte (a volte la sclerodermia coesiste con polimiosite o con artrite reumatoide in sindromi overlap).


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La diagnosi di sclerosi sistemica si basa su quadro clinico (sclerosi cutanea caratteristica) e su esami immunologici: nel sangue di quasi tutti i pazienti si trovano autoanticorpi ANA positivi, e spesso anticorpi più specifici come gli anti-Scl70(associati a forma diffusa) o gli anti-centromero (associati a forma limitata). La capillaroscopia periungueale è un esame utile: mostra capillari tortuosi e dilatati tipici. Diagnosi precoce è importante soprattutto per monitorare organi interni (funzione polmonare, ecocardio, ecc.) ed iniziare trattamenti preventivi (ad esempio calcio-antagonisti per il Raynaud, ACE-inibitori se pressione sale, ecc.).

Parlando di terapia, la sclerodermia è una malattia complessa da trattare perché non abbiamo ancora farmaci che ne blocchino definitivamente il processo fibrotico. Non esiste una cura che “guarisca” la sclerodermia, quindi l’approccio terapeutico mira a gestire i sintomi e prevenire o trattare le complicanze.


Si usano diversi tipi di farmaci a seconda dell’organo coinvolto: i vasodilatatori sono fondamentali per migliorare la circolazione nei piccoli vasi – ad esempio i calcio-antagonisti (nifedipina) per ridurre la severità del fenomeno di Raynaud e prevenire ulcere digitali, e in caso di ulcere gravi o ipertensione polmonare si possono impiegare prostacicline (iloprost in infusione) o analoghi e farmaci come bosentan. Per il sistema gastrointestinale, si usano inibitori di pompa protonica (omeprazolo) ad alto dosaggio per il reflusso e procinetici per migliorare la motilità esofagea e intestinale.


Per la pelle indurita, alcuni hanno provato penicillamina in passato, ma con efficacia discutibile. Oggi, se c’è malattia cutanea attiva diffusa, si tenta con immunosoppressori come il methotrexate o la micofenolato mofetile che in alcuni studi hanno mostrato di rallentare la fibrosi cutanea. Nella fibrosi polmonare sclerodermica, il micofenolato è diventato uno standard, e recentemente si è aggiunto un farmaco antifibrotico antifibrosi (nintedanib) per cercare di contenere il declino della funzione respiratoria. Per l’ipertensione polmonare, ci sono farmaci specifici (sildenafil, bosentan, epoprostenolo, ecc.) che migliorano molto la prognosi, se iniziati presto. Insomma, la terapia è multimodale: nessun singolo farmaco cura la sclerodermia, ma molti trattamenti combinati ne affrontano i vari aspetti.


Nei casi più gravi e refrattari, soprattutto se la malattia è nella fase iniziale molto infiammatoria, si può tentare una terapia immunosoppressiva più intensa (come ciclofosfamide endovena) e alcune sperimentazioni hanno valutato persino il trapianto autologo di cellule staminali ematopoietiche, con risultati incoraggianti in termini di sopravvivenza a lungo termine in selezionati pazienti (bilanciati però dai rischi di una procedura così aggressiva).


La gestione quotidiana del paziente sclerodermico comprende inoltre tanti accorgimenti pratici: proteggersi bene dal freddo (guanti, abbigliamento termico) per mitigare il Raynaud, evitare fumo e stress per i vasi, mantenere la pelle idratata per ridurre ulcerazioni, fare esercizi di stretching delle articolazioni delle mani e della mandibola per preservarne la mobilità, piccoli esercizi respiratori per espandere i polmoni. In alcuni casi sono utili fisioterapia e terapia occupazionale (ad esempio usare tutori o ausili se le mani perdono destrezza). Il supporto psicologico è cruciale, perché la sclerodermia può alterare l’aspetto fisico (cicatrici delle ulcere sulle mani, cambiamenti facciali) e limitare l’autonomia, generando ansia e depressione.


La prognosi della sclerosi sistemica varia notevolmente: c’è un motto tra i reumatologi, “La sclerodermia non colpisce mai due pazienti allo stesso modo”. Alcuni casi limitati rimangono relativamente stabili per decenni, con disturbi soprattutto alle mani e un po’ di reflusso controllato; altri casi diffusi possono evolvere rapidamente con gravi complicanze d’organo. In generale, la sclerosi sistemica diffusa ha una prognosi più severa: le statistiche indicano una sopravvivenza a 10 anni intorno al 60-70%, principalmente per il rischio di coinvolgimento polmonare e cardiaco. La forma limitata ha prognosi migliore (sopravvivenza a 10 anni >80-90%), ma anche a lungo termine può dare ipertensione polmonare che va monitorata. Un monitoraggio attento e l’uso tempestivo delle terapie moderne per polmone/cuore hanno comunque migliorato la sopravvivenza rispetto al passato. Molto dipende da come viene seguita: ad esempio la crisi renale sclerodermica un tempo era spesso fatale, oggi con ACE-inibitori aggressivi la maggior parte dei pazienti la supera (magari con dialisi temporanea) e possono sospendere la dialisi successivamente.


Sul fronte della qualità di vita, la sclerodermia può essere molto impattante: il dolore e il gonfiore alle dita, le ulcere digitali causano dolore cronico e difficoltà nelle attività manuali (aprire bottiglie, abbottonarsi la camicia, scrivere possono diventare ostacoli). Il fenomeno di Raynaud obbliga a costanti precauzioni ambientali. La rigidità della pelle del volto può influire sulla mimica e sull’alimentazione (microstomia rende arduo mangiare certi cibi o andare dal dentista). Il reflusso esofageo impone dieta e posture attente. Insomma, il paziente sclerodermico deve adattare molte abitudini. Non di rado compaiono sintomi di ansia e depressione dovuti alla cronicità e imprevedibilità della malattia. Tuttavia, con un adeguato supporto medico e psicosociale, molte persone con sclerodermia riescono a mantenere un discreto livello di vita, continuando a lavorare (magari con adattamenti) e a gestire la quotidianità. I successi terapeutici nel contenere le complicanze (come la possibilità di curare l’ipertensione polmonare con farmaci efficaci) hanno fatto sì che oggi molti pazienti che in passato avrebbero avuto prognosi infausta possano vivere più a lungo e in condizioni migliori.

 
 
 

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